Villa Corio-Durini-Beltrami
A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Nella zona sud-ovest di Milano, a poca distanza dal Naviglio Grande, si trova una delle ville appartenute alla famiglia Corio. Nell'antico borgo di Ronchetto si trovavano nel Quattrocento solo alcune costruzioni isolate nella campagna, che ruotavano attorno ad un nucleo principale detto cascina Ronchetto.
A Milano, nel XVI secolo, si trovava un esponente della famiglia dei Conti Corio, Giovanni Antonio, che nel 1515 era capitano delle guardie di Galeazzo Maria Visconti; il figlio Giovanni Angelo, che esercitava il controllo della navigazione sul naviglio Grande e su quello di Bereguardo, esigendone quindi il dazio, ed era concessionario del sale (e poi sarebbe stato nel 1541 ambasciatore di Carlo V al Concilio di Trento) decise nel 1537, vista la vicinanza del Naviglio e la sua posizione strategica, di acquistare la Cascina Ronchetto e di prendervi dimora: iniziò così la storia.
Questo complesso è oggi costituito da due parti distinte: da un lato, con ingresso in via Merula 13, si trova una cascina di origine ottocentesca che racchiude una grande corte rettangolare e dall’altro, con ingresso in via Merula 15, sorge la cinquecentesca Villa Corio-Durini-Beltrami.
La lettura della pianta e degli elementi architettonici rinvenuti durante i recenti lavori di restauro fanno risalire a questo periodo la costituzione di due accessi in asse con l’antico viale di collegamento al Naviglio Grande, l’attuale Via Merula.
Per non bloccare il transito sul Naviglio, una roggia deviava da esso e circondava la casa dei Corio come fosse un fossato medievale, creando una darsena. Vi erano diverse strutture in legno che collegavano la dimora all’altra sponda della roggia: ne resterebbero alcune vestigia nel cortile padronale del civico 8 di via Merula.
Uno stemma posto sopra il portale di ingresso del fabbricato principale raffigura l’emblema della famiglia Corio. Va aggiunto che Giovan Angelo Corio fondò anche la vicina chiesa di San Silvestro, all'epoca localizzata nella parte terminale del braccio meridionale della Villa e più ampia di quella attuale (aveva un portico davanti all'ingresso e vi si trovava anche un campanile).
Col Rinascimento la villa si arricchì di nuovi ambienti e nuove decorazioni pittoriche: si tratta principalmente degli affreschi che decorano la Sala Picta, una grande sala, forse precedentemente aperta sul giardino e arricchita da una fascia decorativa lungo la parte alta delle quattro pareti.
Eseguita in affresco e realizzata in monocromia, nelle varie tonalità di grigio, è segno di una committenza colta e di gusto molto raffinato: essa raffigura una sequenza di amorini danzanti tra un susseguirsi di foglie di acanthus disposte a formare girali e intercalate dalle alte infiorescenze della stessa specie vegetale (l'acanthus caratterizzava i capitelli corinzi nel mondo classico). Si tratta quindi di una grande sala decorata in onore di Venere, per il festeggiamento di un felice evento danzante: si può allora ipotizzare che si trattasse di una prestigiosa camera nuziale.
Sulla stessa facciata è murata una ceramica attribuita a Luca Della Robbia, raffigurante una Madonnina, oggetto di devozione da parte dei locali abitanti, che si è rivelata dall’analisi dei materiali una terracotta finissima rivestita di smalto e probabilmente posta nella terza fase evolutiva della villa.
Un accesso è costituito dall’androne con volta a botte lunettata e affrescata tuttora esistente: gli affreschi datano tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600. I decori delle pareti rappresentano personaggi del mondo mitologico mentre le lunette sono ornate con delicate immagini di piante medicinali. L’altro androne, di cui rimane solamente un ricordo nel paramento murario, dava accesso alle campagne circostanti.
Con l’acquisto del complesso da parte dei Durini iniziò una nuova fase di ristrutturazione e ampliamento del fabbricato, che conferì all’edificio l’attuale conformazione. Venne completata la corte centrale della Villa, chiusa la porta d’accesso verso le campagne e realizzato un ampio giardino d’impostazione settecentesca.
Nell’Ottocento la proprietà venne acquisita dall’architetto, restauratore e Soprintendente Luca Beltrami (noto per il Castello Sforzesco) che intervenne nel restauro della villa, arricchendola di elementi in stile rinascimentale lombardo. Di questo periodo è infatti il portico della Villa che fronteggia l’aia dei rustici, composto da archi ribassati e sorretto da colonne binate in granito impreziosite da medaglioni in cotto raffiguranti soggetti religiosi.
La sala disposta al centro di questo lato del fabbricato è valorizzata da un grande camino in pietra arenaria di datazione seicentesca mentre sulla parete destra si può ammirare un bassorilievo in pietra raffigurante la Risurrezione di Cristo.
Dopo un paio di passaggi di proprietà, nel 2006 quella attuale iniziò l’opera di valorizzazione e restauro del complesso monumentale.
Alla villa si arriva con il tram 2 indi dal capolinea con il bus 47.
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