Il Teatro Carcano (parte I)

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

In occasione della presentazione della nuova stagione del Teatro Carcano mi è stato chiesto di tracciarne anche un profilo storico-artistico; in questi articoli cercherò di valorizzare gli aspetti peculiari.
Per meglio inquadrare la nascita del Teatro Carcano è opportuno ripercorrere alcune vicende che ne precedettero la costruzione. La zona denominata Crocetta era sempre stata a Milano luogo di nobiltà e prestigio; basti ricordare che già nel II secolo a.C., quando venne tracciata la via Emilia, di cui il corso di Porta Romna era parte integrante, all'altezza della Crocetta si trovava un quadriportico (come rilevato dai ritrovamenti avvenuti in occasione degli scavi per la metropolitana 3), il che significava un punto di enorme importanza (un quadriportico è uno spazio aperto, circondato sui quattro lati da portici, e nell'architettura romana era lo spazio porticato dietro la scena del teatro romano).
Tuttavia, al termine del XVIII secolo il fulcro si spostò nell'area di Porta Orientale; ne conseguì la necessità di meglio sistemare il corso di Porta Romana affinchè non perdesse l'antico prestigio.
Venne allora incaricato della riqualificazione l'architetto Piermarini, il quale, anche basandosi sul proprio gusto, rivisitò le facciate dei palazzi, fece selciare le strade e vi inserì dei trottatoi di granito per favorire lo sfrecciare (relativo, s'intende) dei cocchi lungo la strada.

Nel 1801 quindi, in questo clima di grande rinnovamento urbano determinato dalla conquista napoleonica, la Società teatrale della Casa Carcano decise l'edificazione di un nuovo, grande teatro; lo spazio venne trovato nell'area dell'ex convento di San Lazzaro, che venne acquistata da Giuseppe Carcano.
Non era inusuale, all'epoca, acquisire i beni sottratti agli enti religiosi; in questo caso il Convento di San Lazzaro risaliva al 1509, e alle sue monache fu aggregata nel 1576 la comunità del soppresso convento di San Domenico in Via Levata, così che esso prese la doppia denominazione. Il convento a sua volta era stato ricavato nel vecchio Ospedale di San Lazzaro, un tempo lebbrosario ed abbandonato da decenni, che era stato donato dal duca Ludovico Sforza a fra Stefano da Seregno nel 1499 per farne un monastero.
vale la pena di notare che, sul retro del teatro, al civico 61 di Corso di Porta Romana, sopravvive il chiostro dell'antico Ospedale e Convento di San Lazzaro, attualmente al centro di una ristrutturazione edilizia; nella fotografia è visibile la situazione negli anni '80 del ventesimo secolo.
Tornando al Teatro e alla sua coztruzione, la progettazione venne affidata ad un architetto svizzero, un giovane d'ingegno, di nome Luigi Canonica, successore del Piermarini come architetto di stato. Egli prese a modello il Teatro alla Scala e il Teatro della Cannobiana (che si trovava in luogo del Teatro Lirico e di cui è visibile un mosaico in via Larga).
Il Teatro Carcano aveva quattro ordini di palchi, una volta decorata a stucchi e dorature con un medaglione centrale, ed ornamenti in stile neoclassico posti in ogni dove. Si trattava quindi di un teatro celebrativo, e poteva ospitare fino a 1500 persone.
Il 3 settembre 1803 la nobiltà e la ricca borghesia riempirono il teatro per la serata inaugurale: il programma comprendeva "Zaira" tratta dal dramma di Voltaire, musicata da Vincenzo Federici (ventisei anni dopo lo stesso soggetto sarebbe stato messo in musica anche da Bellini) e il ballo "Alfredo il grande" musicato da Paolo Franchi.
L'attività proseguì con l'intervento anche di artisti famosi, come nella memorabile serata del 15 ottobre 1813, nel corso della quale Niccolò Paganini venne proclamato "primo violinista del mondo", dopo essersi esibito nelle "Streghe".
Sul palcoscenico del Carcano passarono, negli anni, le più grandi dive della lirica, dalla Pasta alla Malibran. Giuditta Pasta si esibì nella prima "Anna Bolena" di Donizetti e poi, la sera del 6 marzo 1831, ne "La Sonnambula" di Bellini; Maria Malibran invece legò il suo nome, nel 1833, a celebri edizioni di "Norma" e de "La Sonnambula".
Nel 1848 Il Carcano vide anche le barricate delle Cinque Giornate, erette proprio davanti al suo ingresso; fiero del suo blasone patriottico, fu il primo teatro a riprendere le rappresentazioni, la sera del 30 marzo, con la Compagnia Nazionale Lombarda diretta da Giuseppe Moncalvo in un ambiente pieno di legittimo entusiasmo; lo spettacolo si concludeva con un "grazioso dialogo tra Metternich e Radetzky con Meneghino locandiere". Come logico, ritornati gli austriaci, il Carcano dovette fare spesso i conti con la censura.
Alla lirica, nuovamente in gran voga dopo il 1850, si alternarono la prosa, gli spettacoli da circo e i concerti bandistici: proprio al Carcano, il 31 dicembre 1858, il maestro Gustavo Rossari diresse "La bella Gigogin" la notissima marcia scritta in quello stesso anno da Paolo Giorza, che tuttora rallegra via radio gli ascoltatori lombardi.
Del resto, nella petizione al cittadino "Ministro dell'Interno", nel 1801, Giuseppe Carcano aveva indicato come motivazione del nuovo teatro, la necessità dell'apertura della grande sala "alla numerosa popolazione che va aumentando in questo vasto comune... considerato pure il bisogno che può avere questo pubblico di essere nel medesimo tempo ed istruito e divertito".
Per quanto riguarda il teatro infine, diedero lustro al Carcano personaggi come Gustavo Modena, Ernesto Rossi, Adelaide Ristori, Edoardo Ferravilla, Eleonora Duse, Italia Vitaliani: inoltre Ermete Novelli lo scelse per il suo addio alle scene "ma non alla gloria", come ricorda la lapide che indica anche la data di quel congedo: 20 febbraio 1915.
Nel prossimo articolo proseguiremo ad esaminare la storia del teatro negli anni e secoli successivi.