A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
All'estrema periferia ovest di Milano, circondato dal verde della campagna, si trova il grazioso borgo rurale di Figino.
La sua esistenza, probabile già in tempi antichi come stazione di posta sulla strada per Aosta, viene documentata per la prima volta nell’anno 1017 su un atto di cessione in scambio di un terreno situato in “locho Figino Tecolario”.
L’esistenza di un ordinamento comunale è testimoniata invece da un documento datato 14 giugno 1257, trascritto negli “Atti del Comune di Milano”, in cui Figino è citato come comune. Sicuramente però la citazione più significativa è quella contenuta nel "Liber Notitiae Sanctorum Mediolani", opera di Goffredo da Bussero risalente alla fine del XIII secolo, in cui vengono citate ben tre chiese facenti capo a Figino.
Nel centro dell'abitato si trova la chiesa dedicata a San Materno, che è attestata già alla fine del XIV secolo come “capella” sotto la canonica di Trenno; in seguito la parrocchia di San Materno di Figino è costantemente ricordata negli atti delle visite pastorali compiute dagli arcivescovi e dai loro delegati a Trenno.
Nel 1752, inoltre, durante la visita pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli, risulta che il clero nella parrocchia di San Materno di Figino era costituito dal parroco e da due cappellani, che il popolo assommava a 389 anime e che la chiesa ospitava la confraternita della Beata Maria Vergine del Suffragio, quella degli operai della dottrina cristiana e la società della SS. Croce.
Verso la fine del XVIII secolo, la parrocchia di San Materno di Figino possedeva fondi per 42.21 pertiche, e i parrochiani erano ancora meno di 400, ma all'inizio del XX secolo erano già più di 700, numero che sarebbe poi cresciuto fino agli attuali 1700 circa.
L'aumento del numero dei residenti, oltre che ad un incremento edilizio, ha portato nei secoli ad ampliamenti della chiesa stessa; tuttavia l'edificio attuale fu ricostruito nel 1911 (ad opera di don Locatelli, architetto e parroco di Vergiate) in seguito ad un incendio che nel 1908 distrusse quasi completamente l'edificio precedente. In seguito, negli anni 1934-35, ebbe luogo un ulteriore intervento che raddoppiò la superficie dell'edificio e completò i1 campanile.
La facciata, terminata nel 1927 su progetto di Enrico Pellegrini, ha un corpo centrale, con ampio arco a tutto sesto in cui è inserito un medaglione, dove si trova un notevole mosaico raffigurante San Materno (disegno di Migliavacca, realizzazione di Castaman, di Murano), e due nicchie ospitanti statue di santi; ad esso si affiancano due corpi più bassi, simmetrici, anch'essi dotati di archi a tutto sesto contenenti due rosoncini in vetro colorato.
Sopra l'architrave del corpo centrale, ai cui estremi due angeli trombettieri corrispondono visivamente ai due pinnacoli dei corpi più bassi, si trova un cartiglio con la dedica a San Materno, sormontata da un decoro curvilineo su cui poggia 1a croce.
L'interno della chiesa è a tre navate, di cui quella centrale termina con il presibterio e l'abside mentre le due laterali finiscono al transetto su cui si aprono due porte che immettono nella sacrestia e in altri locali. Proprio nella sacrestia si trova la base del campanile, che ancora riporta sul muro la numerazione delle campane.
La decorazione pittorica ricopre letteralmente tutti gli elementi architettonici interni, e fu eseguita nel 1943 dal pittore Arturo Galli, che diede alla chiesa uniformità stilistica scegliendo toni cromatici che
vanno dal grigio all'ocra, passando per tutte le gamme dei "bruciati", a
volte simulando decorazioni tipiche delle stoffe damascate, a volte (sui pilastri e sulle travi del soffitto) imitando stucchi e bassorilievi
tradizionali, con rosette, decorazioni floreali ed altro.
La chiesa di San Materno è però caratterizzata nel suo interno soprattutto
dalla serie di ampie pitture murali, rappresentanti episodi de1la vita di San Materno e di San Carlo Borreomeo; tra di esse spicca il catino absidale con la Crocifissione, e l'arcone sovrastante con l'Adorazione della Croce.
Altri dipinti degni di nota si trovano sul soffitto della navata centrale: un tondo con l'Adorazione Eucaristica, uno con San Materno di fronte all'imperatore Domiziano e uno raffigurante il trasporto delle reliquie del santo stesso ad opera di San carlo Borromeo.
Altri riquadri, sopra la porta della sacrestia e della penitenzieria,
rappresentano "l'Apparizione del Sacro Cuore a Santa Margherita" e "San Carlo Borromeo tra gli appestati del Lazzaretto".
Degni di nota sono infine le vetrate istoriate, il bell'altare maggiore di fattura tardobarocca e il grande organo settecentesco, salvato dall'incendio citato.
Figino può essere raggiunto con il bus 72 in partenza da piazza De Angeli (Metropolitana linea 1).
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