La chiesa di San Gioachimo

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Non distante dalla odierna Stazione Centrale, nella zona denominata Centro Direzionale, a pochi passi dal moderno quartiere di grattacieli detto Porta Nuova, sorge una chiesa più che centenaria, oasi di tranquillità nel traffico frenetico che la circonda.
Si tratta della chiesa intitolata a San Gioachimo, posta nella piazza omonima. La dedicazione, che pare sia anche legata al fatto che all'epoca della consacrazione era Papa Leone XIII (il cui nome era Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci), fa riferimento alla versione portoghese del nome del Santo (Joaquim), riportato così anche nella descrizione posta alla base dell'altorilievo del transetto sinistro, che rappresenta appunto Anna e Gioachimo (che, ricordiamo, erano i genitori della Vergine Maria, madre di Gesù).
La chiesa, come la vicina basilica di Sant'Agostino, sorse nell’area attigua alla prima Stazione Centrale (entrata in servizio nel 1865.
Correva l’anno 1880 quando l’arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana affidò il progetto di questa chiesa a Enrico Terzaghi, che in cinque anni realizzò l’attuale edificio in stile neorinascimentale, che ha resistito ai bombardamenti e alle trasformazioni urbanistiche.
La chiesa sorgeva inizialmente, preceduta da un piccolo spiazzo, in corrispondenza dell’incrocio della via Galilei e della via Viviani con la confluenza della via Ponte Seveso, che si sviluppava sul lato destro della chiesa. L'attuale via Fara, infatti, era il prolungamento della via Galilei e la via Filzi aveva lo stesso nome di via Ponte Seveso che oggi prende più avanti andando verso la periferia.
Va inoltre ricordato che, all'epoca, un ampio canale scolmatore del fiume Seveso costeggiava la via Galilei nel tratto a sud della chiesa e, nel suo tratto superiore, confinava con il suo muro orientale.
Di fatto, la piazza venne aperta molto più avanti: intorno al 1916 venne aperto un ampio spazio a nord del rilevato ferroviario, detto piazza Miani (la parte a sud si chiamava piazza Stazione Centrale): tra piazza Miani e la chiesa aveva sede la "Casa dell'emigrante".
In seguito, con la costruzione dell'attuale Stazione Centrale e la dismissione del ramo ferroviario la piazza si aprì e già nel 1937 la chiesa si affacciava su un ampio spazio, confinante con piazza Fiume (odierna piazza Repubblica).
All’esterno la facciata appare come un grandioso arco sovrastato da un timpano triangolare, ispirato a quello di Leon Battista Alberti per la facciata di Sant'Andrea a Mantova, sotto cui si trova la porta centrale, anch'essa sovrastata da un timpano, di dimensioni ovviamente più ridotte; dietro l'arco si staglia un monumentale corpo di fabbrica quadrato, di ispirazione bramantesca, impreziosito da due balconcini al primo piano e due oculi al secondo piano.
Al di sopra di questo basamento, Terzaghi concepì uno sviluppo a croce greca, sormontato da una tiburio poligonale, con tamburo esterno e calotta interna, vagamente simile a quella di Santa Maria presso San Satiro, sopra il quale si staglia un’agile lanterna. Un tiburio più piccolo sorge sopra il presbiterio e richiama quello maggiore.
Dietro l’abside, in asse con la chiesa, sorge il campanile, snello e slanciato, del 1889, terminante con un cupolino e visibile dalla via Fabio Filzi.
L’interno è a croce greca inscritta in un quadrato, diviso in tre navate, con un transetto rialzato al livello del presbiterio, ed è caratterizzato dallo spazio centralizzato dal tiburio maggiore e dalla copertura, anch’essa a calotta, del presbiterio. La calotta maggiore è decorata da un fregio affrescato da Luigi Pastro, raffigurante una ghirlanda di fiori e frutta, soggetto decorativo molto comune nell’epoca rinascimentale, sotto la quale si trovano figure di grandi dimensioni (circa tre metri di altezza) raffiguranti i Patriarchi. Nella calotta minore, lo stesso Pastro realizzò, sempre ad affresco, le figure degli Evangelisti nei pennacchi.
Nel presbiterio si trova il vecchio altar maggiore, neoclassico e proveniente dalla chiesa di San Babila, in marmo, con tempietto circolare dal doppio basamento, sorretto da sei colonnine corinzie scanalate. Il nuovo altare, in porfido, inaugurato nel 1985, conserva reliquie dei santi Gervaso, Protaso, Calimero, Celso e Romano. Le due cappelle laterali sono dedicate rispettivamente a San Gioachimo, a sinistra, e alla Vergine del Suffragio a destra: entrambe ospitano altorilievi policromi. La chiesa conserva anche due pregevoli opere d’arte contemporanea: la Via Crucis in rame dipinto di Giuseppe Maretto e il pannello bronzeo di Enrico Manfrini raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Gioachimo, Anna, Antonio di Padova e Rita da Cascia.
Arricchiscono le navate con la loro luce filtrata le vetrate policrome degli anni ’30 del XX secolo, tra cui se ne nota una (sul lato destro entrando) dedicata a Giovan Battista Pirelli e alla moglie Maria Sormani, eseguita nel 1932.