San Giovanni Battista alla Creta
A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
La chiesa dedicata a San Giovanni Battista alla Creta si trova nella piazza omonima, situata nella parte ovest della città, non distante dalla via Forze Armate e a pochi passi dalla campagna che si estende verso il confine cittadino con il comune di Cesano Boscone; questo un tempo era un vasto territorio punteggiato di cascine fiorenti per via della ricchezza di fontanili presenti nella zona; per capire l'etimo della parrocchia bisogna allora rifarsi al tempo che fu.
All'epoca dei romani, infatti, posti lungo la strada che collegava Milano con la Gallia (l'attuale Via Novara), sorsero, rispettivamente al quarto ed al quinto miglio da Milano, gli abitati di Quarto Cagnino e Quinto Romano. Questa abitudine, all'origine anche dei nomi di Sesto San Giovanni e Settimo Milanese, si basava sull'unità di misura detta miglio romano, equivalente a 1000 doppi passi militari, cioè circa 1600 metri.
Tra i luoghi limitrofi figurava l'odierna Sella Nuova (l'antica Sala Nova, toponimo già attestato nel 1346 e riferito all’abitasione signorile che originariamente apparteneva alla famiglia Torriani), che prima di essere annesso a Baggio nel 1869 fu comune autonomo con le frazioni di Barocca, Linterno, Cassinazza, Creta e Maretto. La località detta "Creta" porta dunque questo nome da molto tempo, e sicuramente da molto prima di essere annessa al Comune di Milano.
In questo territorio sorge un vero gioiello d'arte contemporanea: la chiesa di San Giovanni Battista alla Creta, opera di Giovanni Muzio, che si avvalse della consulenza artistica di Giacomo Manzù, che fu progettata e costruita negli anni dal 1956 al 1958. La decorazione fu eseguita da artisti scelti alla Biennale d'Arte Sacra dell'Angelicum.
Questa in breve la storia della sua nascita: nei primi anni del dopoguerra, in quella che allora era una zona quasi disabitata, all'estrema periferia della città, fra Baggio e il Lorenteggio, sorse il “Villaggio svizzero”. Era costituto da un insieme di casette prefabbricate, donate dalla Svizzera per una provvisoria sistemazione di famiglie milanesi che avevano perso l'abitazione in seguito ai bombardamenti. Per inciso, questo villaggio è tuttora visibile a nord di via Lorenteggio e ad ovest di via Primaticcio, ed è molto gradevole con le sue piccole ed eleganti villette.
All'epoca della costruzione, subito giunsero nella zona, per provvedere all'assistenza religiosa, i frati minori francescani, che svolgevano le funzioni in una baracca, finché gli eredi dell'imprenditore Giovanni Cabassi donarono loro un terreno e i mezzi per costruirvi una chiesa, affiancata dal convento, dai locali dell'oratorio e degli uffici parrocchiali; inoltre, un grande salone sotto la chiesa era predisposto per le riunioni.
Nel 1958 gli edifici, progettati come detto dall'architetto Muzio, furono ultimati e poté così essere costituita una nuova parrocchia, che l'arcivescovo Montini inaugurò il 19 ottobre di quell'anno.
Avvicinandosi all'edificio sacro, è opportuno arrivarvi da via del Passero, perchè così la chiesa si nota subito, per la sua facciata sagomata come una vela tesa dal vento.
Sulle pareti esterne, ed anche su quelle interne, una trama di mattoni ripete continuamente il simbolo del triangolo (presente sul tabernacolo di tutte le chiese di rito ambrosiano), che rappresenta la Santissima Trinità. Allegorica è anche la pianta dell'edificio, che segue la forma di un giglio e al tempo stesso di un calice. Il giglio come noto rappresenta la purezza, mentre il calice rappresenta il sangue di Cristo.
Sulla facciata, in mattoni a vista, i portali, il mosaico e il pulpito sporgente sono dello scultore Antonio Majocchi. Il pulpito, in particolare, ha una forma slanciata e raffigura, sui lati, i simboli dei quattro evangelisti: l'angelo per San Matteo, il leone per San Marco, il bue per San Luca e l'aquila per San Giovanni.
Due sono i crocifissi esposti nella chiesa: il primo, di legno, si trova sulla destra nell'atrio della chiesa, e risale alla scuola lombarda del Quattrocento; il secondo, invece, è di bronzo, opera di Angelo Bianchi, premiata alla Biennale di Venezia del 1958, e si trova nel presbiterio.
A lato del presbiterio stesso si trovano quattro pannelli di legno, opera del Majocchi, che raffigurano i quattro evangelisti. Notevoli sono poi gli affreschi di Silvio Consadori (San Francesco circondato dai Patroni del terz'ordine francescano e Ludovico ed Elisabetta), di Mario Donizetti (Sacro Cuore con i Patroni della Gioventù Maschile) e di Pompeo Borra (Storia di Sant'Antonio, nell'omonima cappella).
La decorazione del soffitto è di Mario Zappettini, mentre Lorenzo Pepe è autore di due sculture: il Battistero, che si trova a sinistra, entrando, nell'atrio della chiesa, e la Deposizione, che si trova nella cappella mortuaria; in quest'ultima ha diritto di sepoltura la famiglia Cabassi, finanziatrice della costruzione della chiesa; la cappella non è però aperta al pubblico.