La Chiesa di Sant'Andrea (parte II)

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Nello scorso numero abbiamo ripercorso la storia della chiesa e della parrocchia; in questo articolo ci occuperemo delle opere d'arte presenti nell'edificio religioso.
All'esterno, la facciata tripartita è prevalentemente in mattoni, a parte alcuni inserimenti marmorei nelle cornici: oltre che da fregi, essa è caratterizzata da archi a tutto sesto sormontati da svecchiature rettangolari e timpani triangolari; in essa si staglia inoltre la mole della rappresentazione di Sant'Andrea realizzata in vetrocemento nel 1987.
Per il resto, il marmo compare in altri inserimenti nelle cornici di gronda delle facciate laterali e infine nell’agile campanile che svetta nella zona absidale.
La chiesa si presenta come una basilica neopaleocristiana a tre navate absidate. Superata la porta in legno ricca di vetrate, l'interno è caratterizzato da due file di colonne che scandiscono il cammino di avvicinamento al presbiterio, monumentale nelle dimensioni, sopra il quale spicca il ciborio, su cui torneremo tra poco. Il pavimento delle navate è in marmo bianco di Carrara e grigio Bardiglio, mentre le pareti laterali sono coperte fino a un’altezza di metri 2,60 da lastre di marmo rosso di Verona. Nel presbiterio il pavimento è stato rifatto, quando l'interno è stato adattato al nuovo canone liturgico, in marmo a casellario semplice con decori di colore bianco e verde; lo delimita un'elegante balaustra.

Passiamo ora ad una visita della chiesa: entrando, nella navata sinistra si trova una statua lignea del tardo Seicento, proveniente da San Rocco: essa raffigura una Madonna che tiene il Bambino per mano. Poco più avanti si trova un trittico di Antonio Marinotti, della Scuola Beato Angelico, autore anche dell'affresco dell'abside, che raffigura Gesù "via, verità e vita" e i dodici apostoli, il quale è stato recentemente valorizzato da una nuova e scenografica illuminazione.
Nella navata destra, invece, si trova un crocifisso, con sfondo a mosaico dorato, scolpito dai fratelli Mola in un unico blocco di granito di Baveno e donato alla chiesa nel 1923.
Prima di giungere al presbiterio, vale la pena di notare le vetrate, originariamente dipinte da Guglielmo da Re (che ritroveremo più avanti) nel 1922 e poi ripristinate dopo il 1943 e recentemente rifatte (alcune però sono originali). Nella parete sinistra sono raffigurati personaggi biblici, mentre in quella di destra compaiono vari Santi, tra cui i quattro evangelisti.
Il baldacchino dell'altar maggiore (ciborio) è sorretto da quattro colonne; due di queste vengono da Santa Maria Maggiore (la chiesa antenata del Duomo) e risalgono probabilmente al XII secolo, mentre le altre due sono state realizzate nello stesso stile dalla Scuola Beato Angelico; su di esse si erge una cupola avente nell'incavo la volta celeste dipinta, e nella parte convessa un mosaico, meglio ammirabile da una certa distanza.
Le due navate laterali si concludono con due absidi, in cui si trovano le vetrate di Italo Peresson, un altare ottocentesco di marmo scolpito e due tele di Guglielmo da Re.
Costui era un parrocchiano che si dedicò con fervente passione all'ornamento di questa chiesa: oltre alle opere già citate, infatti, a lui si deve anche il pulpito, del 1919, costruito su quattro colonnine simili a quelle del ciborio, e sui cui lati sono scolpite scene riferite a Gesù Buon Pastore.
Un'ultima opera di questo artista ha una particolare caratteristica: presso l'altare di Sant'Antonio, a metà della navata destra, si trova infatti un trittico che sormonta una Sacra Sindone con il volto di Cristo, realizzati dal Da Re a fine Ottocento. Ebbene, percorrendo la navata centrale della chiesa verso il presbiterio, gli occhi di Gesù seguono con lo sguardo chi, camminando, li osserva; ma in realtà, avvicinandosi al dipinto, si scopre che essi sono chiusi.
Non passa poi inosservato, sopra il coro ligneo nell'abside, l'organo, una vera opera d'arte. Realizzato nel 1934 dalla ditta Vegezzi Bossi, è paragonabile a quelli del Duomo: dispone infatti di tremila canne di cui 270 nel solo prospetto; le rimanenti, quadrate, tonde, di ogni foggia e dimensione, affollano un camerino accessibile solo dal campanile, e variano da 20 centimetri a 6 metri di lunghezza.
Interessante infine è la soluzione della copertura studiata dall’Ingegner Nava: una soletta piana in calcestruzzo armato precompresso definisce il soffitto dell’aula, arricchito di fregi, e poggia sui muri esterni in mattoni pieni portanti, restando coperto da una struttura in legno tradizionale, a capriate, le quali reggono il manto protettivo esterno in coppi.