Il borgo di Quarto Cagnino

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Nella zona ovest della città sorge un borgo antico, di origine rurale, circondato da palazzoni del XX secolo che paiono assediarlo da ogni parte: eppure, il suo nucleo storico è arrivato fino a noi quasi intatto, seppure ristrutturato.
Si tratta di Quarto Cagnino, noto fin dal Medioevo col nome di Quarto Canino, il cui nome deriva dal fatto di trovarsi a 4 miglia romane dal centro della città di Mediolanum. Questo borgo è stato per lungo tempo un comune indipendente, e confinava con i comuni circostanti, ossia i Corpi Santi a nord e ad est, Sellanuova e Baggio a sud e Quinto Romano ad ovest, finchè nel 1869 venne assorbito dal comune di Trenno (a sua volta annesso a Milano nel 1923).
Quarto Cagnino si snoda lungo via Fratelli Zoia, la “via longa” di un tempo. Angelo e Giuseppe Zoia erano due fratelli eroi caduti nella prima guerra mondiale; erano figli di contadini, la loro mamma lavorava nelle ortaglie e si narra che questa donna, percorrendo in su e giù la via, chiamasse a gran voce i figli dimenticando che essi erano morti.

Le cascine del borgo erano nove, ma tre sono state abbattute negli ultimi decenni del XX secolo, ed ecco quindi che non rimangono tracce delle cascine Mariani, Sordelli e Nebuloni che sorgevano rispettivamente in Via Pompeo Marchesi angolo via Zoia, in Via Zoia (poco prima della sopravvissuta Corte Grande, di cui diremo tra poco) ed in via Fratelli Zoia angolo via Luigi Zoia.
Dell'antico abitato rimane il nucleo centrale, ove si trovano le cascine residue: iniziamo dalla Cascina Ghisa Maran, oggi adibita a ristorante, di cui s’intravedono ancora colonne, finestre a sesto acuto, arcate e portici che un tempo servivano da stallazzo; nel cortile c’è ancora ben conservata l’antica pompa dell’acqua detta “la tromba”. Fino a non molto tempo fa l'edificio era adibito ad osteria e stazione di sosta per viaggiatori e mercanti provenienti dal Magentino e dal Piemonte per svolgere i loro affari in Milano: alla Ghisa Maran potevano rifocillare i cavalli e trovare alloggio per la notte; ancora adesso sono visibili gli anelli di ferro che servivano per legare i cavalli.
Tra le altre cascine, merita ricordare la Corte Casati (detta anche "Cort del Prestinè"), sita in via Zoia 72, che era in precedenza un edificio conventuale a cortile quadrato, e la Cascina Corte Grande: situata nel “cuore” storico dell’antico borgo, al centro del grande cortile (da cui il nome) per molti decenni c'è stato un rivenditore di legna, carbone e gas, “el sciostree”; le case rustiche ed i porticati all'intorno sono tuttora visibili anche se trasformati in residenze private.
Una menzione infine va riservata alle altre cascine pervenute ai nostri tempi, seppure non più adibite ad uso agricolo bensì principalmente abitativo: Cascina Casati si trova in Via Pompeo Marchesi, all’angolo con Via Milly Mignone ed i suoi abitanti, i Casarei, svolgevano il lavoro di ortolani; Cascina Goretti si trova in fondo a Via Taggia nella località chiamata “Sètt fil” (Sette fili) e di fianco ad essa scorreva il fontanile Masonè (“el Mansonè”) chiamato anche Goretti; Cascina Salvo infine si trova in fondo a Via Pompeo Marchesi, ed era di proprietà della famiglia Robbiani. Il “cuore” di Quarto Cagnino era una piazzetta con la Crocetta della Peste, una colonna dorica fatta erigere nel 1746, come si legge chiaramente nel basamento. Questa piazzetta era nei tempi antichi il punto d’incontro dei contadini che si ritrovavano, dopo le lunghe giornate nei campi, per discutere e bere un bicchiere di vino e, nelle sere d’estate, per sgranare il granoturco seduti davanti al monumento. Sulla Piazzetta si affacciava la bottega del Giacomin, “el ferrascin”, il fabbro ferraio, personaggio la cui memoria si è perpetuata fino ai giorni nostri.
Tra i personaggi del borgo va ricordato anche Giuseppe Stortini, detto “El Barbison” per via di due baffi molto ben curati e di stile ottocentesco, per cui la cascina in cui abitava (Cascina Salvo) era anche chiamata Cascinetta del Barbison.
Poco a nord, in via Novara 89, si trova il museo Forlanini, che può essere ancora riferito al borgo perchè alle sue spalle, in territorio di Quarto Cagnino, si trovava il terreno su cui l’ingegnere Enrico Forlanini faceva volare i suoi dirigibili; ora vi sorgono le Officine “Leonardo da Vinci”, site in via San Giusto 85.
Ad ovest del borgo, invece, a separarlo dall'abitato di Baggio sorge il Parco delle Cave. Lunga e movimentata è la storia delle cave incluse nel parco: le attività estrattive di ghiaia e sabbia iniziate negli anni ’20 formarono i famosi laghetti chiamati Cave. In questa area si insediarono due Società sportive di pesca, la “U.P. Aurora Arci” nel 1929 presso l’omonima cava e l’Associazione Il Bersagliere nel 1933 presso la Cava Casati. Negli anni '50 e '60 si sono cominciate a scavare le cave Cabassi e Quinto Romano: la cava Cabassi è poi stata parzialmente richiusa fino all’anno 1977, mentre le cave di Quinto Romano (Ongari e Cerruti) hanno terminato l’estrazione pochi anni fa. Oggi l'intera area è adibita a Parco ed è particolarmente gradevole nella bella stagione.

Quarto Cagnino può essere raggiunto a piedi (o col bus 49) dalla fermata San Siro Stadio della metropolitana 5 (lilla).