a cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
In via Piranesi, nel tratto interessato dai lavori relativi al Passante
Ferroviario, si trova uno degli edifici milanesi più gloriosi e
significativi per lo sport cittadino: il Palazzo del Ghiaccio.
Percorriamone allora la storia, ed iniziamo occupandoci del suo "vicino di
casa": l'azienda nota come "Frigoroferi Milanesi", che ha una grossa parte
nella storia dell'edificio.
Tutto ebbe inizio nel 1899 quando la "Gondrand Mangili", attuale
"Frigoriferi Milanesi" appunto, aveva una fabbrica di ghiaccio in via
Palermo 17 e decise di aprire, ai numeri civici 10-14 di via Piranesi, una
"fabbrica di ghiaccio e magazzini refrigeranti". Tra le altre incombenze,
a questa azienda sarebbe spettato in seguito il compito di garantire la
giusta temperatura al vicino Palazzo del Ghiaccio.
Ed infatti la Gondrand Mangili figura come uno dei maggiori realizzatori
dell'opera, insieme alla Società dei Pattinatori, il cui presidente
era il Conte Alberto Bonacossa, campione nazionale di pattinaggio artistico
e di cui riparleremo nel seguito.
Veniamo allora alla costruzione di questo edificio: i lavori iniziarono
verso aprile del 1923 e si conclusero dopo soli otto mesi. Artefici di
questo successo furono gli ingegneri Sandro Carnelli, che svolse la maggior
parte del lavoro, Carlo Banfi ed Ettore Redaelli.
La data ufficiale dell'inaugurazione fu il 28 dicembre 1923, ed il proclama
che l'annunciava diceva testualmente:
"L'opera è compiuta! Il vanto delle metropoli mondiali è oggi vanto di
Milano: il palazzo del ghiaccio, da lungo sognato e plasmato è una realtà".
Le caratteristiche dell'edificio ne facevano in verità la più
grande pista di pattinaggio al coperto mai costruita in Europa, e all'ottavo
posto al mondo insieme all'Ice Skating Palace di Washington, negli Stati Uniti.
Le sue dimensioni infatti erano (e sono) le seguenti: 105 tonnellate di
ferro (della ditta Nathan Uboldi di Milano) formano una copertura (negli anni
rimodernata, ma mai sostituita) per uno spazio di 42.000 metri cubi, dati da
un'altezza di 26 metri (e una profondità di 5 sotto il livello del suolo)
su una superficie complessiva di 2800 metri quadrati, di cui 1800 occupati dalla
pista di pattinaggio (che misura 60 metri di lunghezza per 30 di larghezza).
Il piano della pista e le fondamenta sono di cemento armato, e contengono 1800
chilometri di serpentine che garantiscono il raffreddamento della pista.
Ma oltre che per le dimensioni, il nuovo Palazzo del Ghiaccio impressionava
per la sfarzosità degli interni, che andò in gran parte perduta
durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1923 infatti, il Palazzo del Ghiaccio, che era raggiungibile da piazza
Duomo in un quarto d'ora di tram (linea 21) o in cinque minuti di automobile,
vantava una serie di servizi di gran lusso: atrio, biglietteria, portiere in
divisa con gli alamari, drappeggi, poltrone di velluto rosso erano
l'ambientazione in cui si poteva cenare in un ristorante di lusso, oppure
assistere alle esibizioni sulla pista, contornata da un'alta balaustra beige
e rossa, da un palco reale. Anche sulla pista, il centro della stessa era
riservato alle "star" del pattinaggio artistico mediante una serie di paletti
collegati con corde. Al di sopra del tutto, 100.000 candele incandescenti,
prodotte da dodici grandiosi lampadari elettrici, garantivano un'illuminazione
superba.
Grazie quindi a questa nuova costruzione, e più ancora grazie
all'impegno in prima persona del conte Alberto Bonacossa, e di sua moglie
Marisa, la società colta e laboriosa dell'epoca potè avvicinarsi
al pattinaggio artistico, giovanissimo sport importato dagli Stati Uniti.
Nel prossimo articolo passeremo in rassegna l'evoluzione sportiva del
Palazzo del Ghiaccio, menzionando i principali personaggi che lo hanno
frequentato nelle varie epoche.