Moncucco e Monterobbio

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Nella zona sud di Milano, appena a ovest del Naviglio Pavese, si trovano due cascine che testimoniano un passato in cui facevano parte dello stesso borgo: Moncucco; Monterobbio, infatti, era una frazione a sud dell'altra, ma le sue origini (seppure leggendarie) si riferiscono a parecchi millenni or sono. Pare infatti che Monterobbio sia sorta in luogo di un bosco di querce sacro a Venere e Mercurio, teatro di sacrifici rituali pagani sin dai tempi dei Celti e degli Arcieri Iberici (da cui il nome Monte Quercia, in latino Mons Robur). Un'altra etimologia possibile ma meno attendibile è Mons Rubius, cioè Monte Rosso, dal colore della terra argillosa.
Si narra che la cascina fu nel Medioevo un presidio militare difensivo per i Visconti e gli Sforza (come difesa dagli eserciti provenenti da Pavia) e che nel XIV secolo divenne un convento agostiniano; per certo essa risale almeno all'inizio del XVI secolo.
Da un censimento del 1597 risulta infatti che la cascina Monterobbio era di proprietà delle Monache di Fonteggio, proprietarie del vicino fondo agricolo della Chiesa Rossa (Abbazia di Fonteggio e cascine limitrofe), sito a sud-est di Monterobbio.
L'impianto planimetrico della cascina è a due corti: una posta a nord, chiusa su tre lati, su cui danno le abitazioni; l'altra a sud, su cui danno i rustici. I tre corpi della corte nord ospitavano i mezzadri (corpi nord e ovest) mentre il fittabile e il fattore risiedevano nel corpo sud. La corte sud invece è delimitata sui quattro lati dalla stalla per i cavalli (ovest) dalla stalla per i bovini (sud) e da un rustico adibito a deposito per gli attrezzi e il foraggio e ad essiccatoio (est). Sul fronte ovest, verso il giardino ora quartiere residenziale, spiccano due balconcini settecenteschi in ferro battuto.
Nel Settecentesco Catasto Teresiano la cascina è rappresentata da un singolo edificio a T (si ipotizza per il controllo delle acque, essendo posto tra la Fossa Regina e il Lambro Meridionale); solo cento anni più tardi il Catasto Lombardo-Veneto lo disegna con le caratteristiche attuali (fatto salvo un corpo di fabbrica aggiuntivo e spurio rispetto alla struttua a corte). Il complesso è stato acquisito dal Comune di Milano nel 1959 ma ora versa in condizioni non ottimali, nonostante il bando del 2017 emanato per il suo recupero.
Tra gli aspetti artistici nella prima corte di Monterobbio spicca la loggia, forse cinquecentesca, realizzata al primo piano sopra al porticato a sette campate di archi a tutto sesto che si trova al piano terreno; vi è poi un'altana rustica posta al punto di incrocio tra il corpo ovest e quello sud. Ma i veri capolavori sono gli affreschi nell'interno. Si dice infatti che Alessandro Manzoni, rimasto piacevolmente colpito dal ritratto che Francesco Hayez gli aveva fatto, invitò il suo segretario Strigelli, proprietario di questa cascina, a chiedere ad Hayez di affrescarne le pareti; però il lavoro di Hayez non piacque al segretario, che non lo pagò e ricoprì numerosi affreschi con la calce: ora, questi affreschi attendono che qualcuno li possa riportare alla luce, mentre alcuni sono visibili ma la stanza è stata sigillata dal Comune per sicurezza.
Questa cascina, quindi, ospitò spesso il Manzoni e nell’Ottocento, inoltre, anche Napoleone Bonaparte vi si fermò durante il suo passaggio a Milano. La sua appartenenza al borgo di Moncucco viene evidenziata dal suo indirizzo originario (via Moncucco 51, ora mutato in via San Paolino 5): detta strada giungeva al borgo partendo dall'Alzaia Naviglio Pavese all'altezza della Conchetta, poi toccando varie cascine ormai scomparse e fiancheggiando la roggia Boniforti giungeva fino alla cascina Moncucco, tuttora esistente. La via poi, giunta a Monterobbio, si sdoppiava: una diramazione conduceva a cascina Fonteggio e l'altra a Cascina Sant'Ambrogio e al Mulino Folla Sant' Ambrogio, oggi tutti scomparsi.
Il borgo di Moncucco ("rialzo tondeggiante") era nei Corpi Santi di Porta Ticinese: composto da pochi cascinali a corte chiusa, nel 1787 unitamente a Monterobbio era di proprietà di Francesco Muzio e in seguito fu abitato da pellettieri, lavandai e molti operai.
La cascina, sita in via Moncucco 31, è a corte chiusa quadrata: essa compare nella carta seicentesca del Claricio come Monchucco; nel settecentesco Catasto Teresiano è già riconoscibile la forma della corte; al di là della strada (attuale via Moncucco) scorreva a quel tempo la roggia Boniforti e a fronte si trovavano altri corpi di fabbrica, tra cui il mulino, parte integrante del complesso e tuttora visibile al civico 20. Nel catasto ottocentesco, infine, rispetto alla forma attuale mancano solo i rustici a sud, mentre il lato est è occupato dalla lunga stalla-fienile.
La cascina è stata acquistata nel 1967 dal Comune di Milano ed è rimasta per un po' agricola: l'edificio ovest ospitava le abitazioni e una trattoria, chiusa negli anni Settanta; a nord erano un deposito per gli attrezzi e un pollaio; ad est era confermato l'uso a stalla e fienile e il corpo sud, infine, ospitava un'abitazione, il granaio, il fienile, il porcile e piccole rimesse. Il complesso, restaurato nel 2015 a cura dello IULM, è ora una residenza per studenti.