Il Naviglio della Martesana
A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Nella parte nord-est di Milano si distende il corso di uno dei principali navigli della città, quello detto della Martesana dal nome del territorio attraversato. Grazie ad una comoda pista ciclopedonale, può essere costeggiato tanto nel suo tratto cittadino (qui trattato) quanto in quello extraurbano (che attraversa centri quali Vimodrone, Cernusco sul Naviglio e Cassina de’ Pecchi).
La storia di questo corso d'acqua ebbe inizio il 3 giugno 1443, quando Filippo Maria Visconti approvò, con una disposizione intitolata "Ordo rugie extrahendi ex flumine Abdua", il progetto che gli era stato presentato da un gruppo di illustri cittadini milanesi guidati da Catellano Cotta, amministratore ducale del Monopolio del sale e fratello del feudatario di Melzo: essi chiedevano di derivare le acque dell'Adda per realizzare un canale utilizzabile sia per l'irrigazione, sia per azionare sedici mulini.
Il corso individuato prevedeva che il canale venisse alimentato da una presa d'acqua (detta "incile") situata poco a valle del castello di Trezzo sull'Adda, in un punto in cui il fiume ha una strettoia e la corrente sarebbe stata sufficiente per garantire un flusso costante. Il canale avrebbe poi costeggiato l'Adda per dirigersi a occidente dopo Cassano d'Adda, raggiungere Inzago, seguirne per un tratto il fossato di cerchia e puntare verso Trecella e Melzo per confluire nel torrente Molgora. Del progetto non se ne fece nulla, in quanto Filippo Maria Visconti morì nel 1447 e, dopo la parentesi della Repubblica Ambrosiana, gli successe Francesco Sforza: solo nel 1457, quindi, con un editto promanato dallo Sforza e sottoscritto da Cicco Simonetta, venne dato il via alla progettazione del "Navilio nostro de Martexana", dove l'utilizzo dell'aggettivo nostro non è casuale, ma è atto a sancire l'aspetto di pubblica utilità dell'opera.
Un decreto del 1º luglio dello stesso anno segnò quindi l'inizio dei lavori guidati da un folto gruppo di ingegneri ducali, cui spettava il compito di reclutare le maestranze, procurare i materiali e dirigere i lavori. Fra questi il più noto era Bertola da Novate, che già ai tempi dei Visconti si era occupato del canale, e a lui il duca affidò la direzione dei lavori; il percorso venne modificato in modo da poter in seguito raggiungere anche la città di Milano.
Il primo tratto della Martesana fino al Seveso (Cassina de' Pomm) fu completato in otto anni e utilizzato per l'irrigazione; più tardi, tuttavia, iniziarono i lavori che lo resero navigabile e che, nel 1496, durante il ducato di Lodovico il Moro, gli consentirono di raggiungere la fossa Interna dei Navigli milanesi, realizzando così il congiungimento tra essi e le acque dei grandi fiumi lombardi.
L'opera fu completata con un sistema di conche di navigazione successive: la prima a Gorla, a monte della Cassina de' Pomm, per regolarizzare il flusso delle acque, le altre due, quella dell'Incoronata e quella di San Marco, per superare il restante dislivello. Significativi sono inoltre, dal punto di vista ingegneristico, i ponti-canali con cui vennero superate, per la navigazione, le acque di Molgora e Lambro.
Un modo comodo per costeggiare il tratto urbano del Naviglio (che un tempo scorreva a fianco di via Melchiorre Gioia fino alla Conca dell'Incoronata e poi fino al Tombone di San Marco con relativo laghetto), consiste nel partire dalla località Cassina de' Pomm, nel cui albergo (tuttora visibile, mentre la cascina è scomparsa) soggiornarono tra gli altri Casanova e Napoleone e ove si trova il ponte detto "dei Panfiss" perché coloro che lo attraversavano andavano a lavorare nella fabbrica di candele adiacente e quindi avevano il "pane fisso", a differenza dei braccianti che sostavano davanti alla cascina in attesa di essere assunti a giornata.
Procedendo lungo la riva si incontrano dopo un breve tratto i ponti della ferrovia che introducono al vecchio comune di Gorla, ora completamente inurbato, ma che ancora conserva il "Ponte Vecchio", un ponte di origini cinquecentesche a schiena d’asino, con sponde in ceppo, vicino al quale sorge un monumento, opera dell'artista Remo Brioschi, dedicato ai piccoli martiri di Gorla, ossia 184 bambini uccisi (unitamente a 14 maestri) durante un bombardamento il 20 ottobre 1944 mentre si trovavano nella scuola elementare del borgo.
Percorrendo poi il tratto che conduce all'adiacente Parco Martesana si nota al di là del Naviglio una torretta: si tratta di quanto rimane di Villa Angelica, così chiamata da uno dei suoi proprietari, il conte De Peyre, in onore della moglie.
Infine si giunge a Crescenzago, ove si trova la "riviera dei milanesi", ovvero una serie di villette costruite tra Settecento e Ottocento per andarvi in villeggiatura, che si trovano in via Amalfi (sulla riva opposta, cioè); infine, seguendo la via Idro, si giunge al citato ponte-canale sul Lambro: tornando sui propri passi, per le vie Padova e Rizzoli si può giungere alla stazione della metropolitana di Cascina Gobba, da cui si può rientrare a Milano con i mezzi pubblici; oppure ci si può avvalere di uno dei tanti autobus che transitano nella zona.
Il Naviglio può essere raggiunto con il bus 43 o 81 dalla fermata M3 Sondrio.
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