A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Nella parte ovest di Milano, in una zona rada di costruzioni, situata sull'antica "via longa" dei pellegrinaggi medievali si trova Cascina Linterno, "un gioiello di pietra e luce circondato dalla città".
Se da una parte un ampio complesso sportivo le consente un'ampia visuale, alle sue spalle ancora sopravvive, seppure con difficoltà, il reticolo di fontanili che irrorano le marcite del suo territorio agreste di memoria medievale.
Ciò che però caratterizza in maniera unica questa dimora rurale è il fatto che vi abitò per numerosi anni il grande poeta Petrarca, che pare l'abbia definita la sua più cara abitazione agreste, dove potè appunto gustare "la solitudine di Linterno", come confermato da uno studio recente dell'associazione "Amici di Cascina Linterno".
Le prime notizie relative a questo edificio sono documentate in una pergamena, la «Carta Investiture» del 1154, conservata nella Canonica di Sant'Ambrogio; in questo atto notarile, «Infernum» (antico nome della cascina) ed il suo territorio hanno come proprietari fondiari la nobile famiglia «de Marliano».
Verso il 1400, la cascina venne ampliata e nei due secoli successivi vennero costruite le stalle ed i porticati, facendole prendere così la forma “a corte chiusa” tipica delle cascine lombarde; e nella «Mappa della Pieve di Cesano» realizzata nel 1574 in occasione della visita pastorale di San Carlo Borromeo, si vede con chiarezza la raffigurazione di Cassina de' Inferno fortificata con torre di guardia,
Curiosa è l'origine del nome, e non ancora del tutto chiara: sembrerebbe che l’etimologia della parola «Linternum» risalga proprio al Petrarca che così avrebbe voluto chiamarla per ricordare l’omonima casa appartenuta a Scipione l'Africano (e di cui Petrarca descrisse le eroiche gesta nel poema «Africa») a Villa Literno, in Campania. Però come abbiamo visto il toponimo "de inferno" sopravvive fino alla fine del XVI secolo, e ancora nella seicentesca mappa del Claricio la cascina è identificata col nome “Inferna”. Nella mappa del Catasto Teresiano del 1722 infine la cascina è invece chiamata “Cassina Interna” e appartiene al “Territorio di Sellanuova, Pieve di Cesano Boscone”.
L’appartenenza al Comune di Sellanuova era ratificato dal cartello identificatore posto sul muro esterno in Via Fratelli Zoia sotto la lanterna del gas; tale appartenenza durò finchè, nel 1867, il territorio di quel comune fu ripartito tra i comuni limitrofi di Baggio, Cesano Boscone, Trenno e Uniti.
Anticamente, data la vicinanza alla Strada Vercellese (l'attuale via Novara), spesso interessata dal passaggio di convogli militari e commerciali per il Piemonte e la Francia, la cascina era adibita ad osteria con locanda e ricovero dei cavalli; sino agli anni 50 del XX secolo sul muro esterno che si affaccia sulla via Fratelli Zoia (la cascina è al 194) era scritto “Osteria del Petrarca”.
Nel corso degli anni si andarono aggiungendo attorno al nucleo centrale altre costruzioni facendo diventare la Cascina Linterno un borgo agricolo; in un censimento del 1770 i proprietari risultavano essere due: la Famiglia Acquani e quella dei Conti Cavenago, i quali nel 1880 cedettero tutte le loro proprietà a Quarto Cagnino e a Linterno ai signori Cotta, indi si succedettero vari proprietari fino a quello attuale, il Comune di Milano, che vorrebbe ora risanare gli edifici, che hanno alcuni problemi di staticità.
Per quanto riguarda il suo aspetto attuale, nonostante questa situazione, vi si possono riconoscere gli elementi riportati dal grande incisore Giovanni Migliara nel 1819 in una splendida veduta della “Solitudine di Linterno” di Francesco Petrarca.
Sono, infatti, ben visibili le due colonne sorreggenti il porticato
prospiciente l’aia, la chiesetta e il piccolo campanile a vela.
Quest'ultimo, non più agibile per lesioni strutturali, ospitava due antiche campane, che avvisavano anche i contadini dell’inizio e della fine della giornata di lavoro e della pausa meridiana.
Anche la chiesetta fu negli anni arricchita d’altri dipinti a carattere religioso che andarono ad aggiungersi alla pala d’altare della scuola lombarda del Seicento raffigurante L’Assunzione di Maria, cui la chiesetta è dedicata. Al suo interno si potevano ammirare anche alcune statue di pregevole fattura, la balaustra di marmo rosso, l’altare di legno finemente intarsiato, archi affrescati ed una poltrona che, nella tradizione, sarebbe appartenuta al Petrarca. Ancora oggi è rimasta, nella nicchia a destra dell’altare, una statua in cartongesso raffigurante l’Ecce homo con il mantello strappato, il corpo insanguinato e la testa cinta da una corona di spine; la leggenda vuole che se essa fosse asportata dalla cascina accadrebbe il “finimondo”.
La cascina si raggiunge con il bus 67 ed un tratto a piedi lungo via F.lli Zoia.
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