Giuseppe Grandi, presenza monumentale

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Per chi abita in zona 4, la presenza di Giuseppe Grandi è rappresentata da due monumenti siti a poche centinaia di metri l'uno dall'altro, lungo il corso Ventidue Marzo: l'uno, quello da lui realizzato, che celebra le Cinque Giornate, l'altro, quello sito nella piazza a lui dedicata, che ricorda lo scultore mentre realizza una sua opera, ispirato dalla natura. In questo breve articolo voglio ripercorrere alcuni aspetti della vita dell’artista.
Giuseppe, detto "el Nan", nasce a Ganna, in provincia di Varese, nel 1843. Studia all'Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, dove ha per professore, tra gli altri, Vincenzo Vela. Dopo aver vinto il premio Canonica, si trasferisce a Torino, dove lavora nello studio dello scultore Odoardo Tabacchi, suo conterraneo.
Tornato a Milano, Giuseppe Grandi entra a far parte del gruppo della Scapigliatura Lombarda, un movimento culturale molto presente a Milano verso la fine del diciannovesimo secolo, insieme all’amico e scultore Tranquillo Cremona.
Un altro frequentatore della compagnia era Emilio Praga, pittore e poeta, che abitava in Monforte. Il ritrovo comune a mezzogiorno era presso il Polpetta, sull'angolo di via Conservatorio. La polpetta milanese, piatto povero e di recupero per antonomasia, era così famosa fra gli scapigliati che il poeta e commediografo dialettale Ferdinando Fontana compose la gustosa "Polpetta del Re".
A far concorrenza al Polpetta giunsero due portinai in una casa di recente costruzione di via Vivaio, due coniugi mastodontici con due bambini ritagliati sul loro stesso stampo. I bimbi divennero i modelli preferiti dagli artisti; i genitori si offrirono di tenere in ordine gli studi e gli "antri" degli artisti e, pian piano, s'instaurò tra loro un rapporto di tale complicità che un giorno qualcuno buttò là: "Perché non ci fate anche da mangiare?". Dopo pochi giorni alla mensa della portineria sedevano tutti i clienti del Polpetta disperato.
Giuseppe aveva lo studio all'Acquabella (attuale piazzale Susa) e lì realizzò l'ambiente necessario per la sua opera più famosa: il monumento alle Cinque Giornate, per la cui realizzazione aveva vinto il concorso indetto dal Comune di Milano.
Per fare ciò, egli accolse nel suo studio una specie di "zoo", ospitando tartarughe, galli, oche, tacchini, conigli e pavoni, oltre ad un'aquila reale ed un leone, di nome Borleo, proveniente da Anversa, del tutto incapace di aggredire, tanto che si narra che per farlo ruggire almeno un po' "el Nan" gli dovesse lanciare contro le ciabatte.
Oltre a questi animali, egli ospitò nel suo studio cinque "modelle" (però all'epoca, forse per invidia, si sparse la voce che fossero in realtà cinque meretrici...) i cui nomi sono stati tramandati fino ai nostri giorni: Maria Torrani, Giovannina Porro, Luigina Pratti, Innocentina Rossi, Tacita Chiodini. Ognuna di esse rappresenta una delle cinque giornate: la prima corre a suonare le campane per chiamare a raccolta i contadini in rivolta, la seconda piange sulla sorte deo morti e dei feriti, la terza combatte sulle barricate, la quarta guarda il cielo simboleggiando la speranza e la quinta suona la tromba per dare la carica.
Al termine del lavoro, iniziato nel 1881 e durato più di dieci anni, il monumento, alto complessivamente circa 22 metri e pesante 845 quintali, si componeva di un grande obelisco di bronzo, che poggiava su una base in granito di Svezia su cui si trovavano le cinque figure femminili. L'inaugurazione del monumento ebbe luogo il 18 marzo 1895, con la solenne traslazione dei caduti delle Cinque Giornate, sepolti nel marzo 1848 presso l'ospedale maggiore, nella cripta che si trovava sotto il monumento, e che tuttora viene aperta solo in concomitanza con le Cinque Giornate.
Giuseppe Grandi però non potè assistervi, in quanto era deceduto nella natia Ganna nel 1894. Allo scultore fu in seguito dedicato un monumento nella piazza omonima, come detto in precedenza.
Si tratta di una fontana dalle dimensioni volutamente mastodontiche, che fu scolpita dal milanese Werther Sever e dal novarese Emil Noël Winderling, i quali nel 1930 vinsero il concorso indetto dal Comune di Milano per realizzare una fontana monumentale da dedicare appunto a Giuseppe Grandi.
Il messaggio intrinseco nella scultura vuole indicare l'uomo (o meglio l'artista), rappresentato da questo gigante di bronzo, che cerca l'ispirazione nella natura, simboleggiata da una cascata d'acqua scrosciante.
Concludiamo questo breve excursus ricordando che l'opera di Giuseppe Grandi influenzò alcuni scultori delle epoche seguenti, tra i quali merita ricordare Paolo Troubetzkoy, Medardo Rosso e Leonardo Bistolfi.