A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Questo opificio sorge in quella che. nel vecchio azzonamento cittadino, era
la zona 16, la quale già nei tempi andati era particolarmente
conosciuta per la produzione dei laterizi. Basti pensare che, secondo la
"Milano Tecnica", un'opera del 1884, su un totale di circa venti fornaci attive
in tutta Milano, circa un quarto era situato nella zona 16. Oltre alle quattro
fornaci intorno al paesino di San Cristoforo, che nel diciannovesimo secolo era
Comune separato da Milano, molto famosa era la fornace Candiani alla Barona.
Ciò che però differenziava le molte fornaci site nella zona del Naviglio
Pavese era l'ottima qualità dell'argilla, che veniva usata, oltre che per produrre
laterizi, per produrre pianelle, ossia mattonelle, di spessore più sottile e che
quindi necessitavano di una argilla più consistente.
Nella zona di Boffalora, poi, si preparavano le migliori terrecotte che
abbiano mai ornato i palazzi di Milano.
E parlando di terrecotte, giungiamo alla meta della nostra passeggiata, la
Fornace Curti, probabilmente la più antica d'Italia. Essa sorge dal 1920 al
numero 40 di via San Giuseppe Cottolengo, una vecchia strada di campagna che si
dirama dal naviglio grande in direzione sud, nei pressi del Santuario di Santa
Rita da Cascia, fino a giungere all'angolo con la moderna via Tobagi; proprio su
quest'angolo sorge la Fornace Curti.
La storia di questa fornace è documentata sin dal quindicesimo secolo; all'epoca
essa sorgeva nella zona di Porta Ticinese. Più in dettaglio la fornace si trovava
alla Conchetta, sul Naviglio di Pavia, e prima ancora nei pressi di Porta Ticinese;
ma in realtà la famiglia, o meglio la casata, Curti era già nota nel 1428,
quando la fornace sorgeva accanto alle colonne di San Lorenzo. Fu allora che, si
dice, il Filarete affidò proprio ai Curti la lavorazione dei fiabeschi cotti
ornamentali della Ca' Granda, o Ospedale Maggiore: e a loro fu sicuramente dato
l'incarico di realizzare quelli nuovi occorrenti al restauro post-bellico
dell'artistico complesso.
Nel corso dei secoli, infatti, la stirpe dei fornaciai Curti, tramandandosi
di padre in figlio l'arte di creare la più rossa e resistente
terracotta lombarda con l'argilla dei Navigli e la terra di Boffalora,
perseverò nel decorare quasi tutti i più importanti monumenti della regione, tra
cui possono essere citati l'abbazia di Chiaravalle,
il Castello Sforzesco, le chiese di Sant'Ambrogio e di Santa Maria delle Grazie,
fino alla Certosa di Pavia.
La fornace è anche fornitrice dell'Accademia di Belle Arti di Brera, alcuni
maestri della quale hanno prestato la loro opera presso la fornace: Castiglioni,
Manzù, Messina, Pomodoro e Fontana, per fare alcuni nomi.
La fornace Curti ha sostituito la cascina Varesina (che sorgeva accanto alla
Varesinetta), così detta probabilmente perchè il proprietario era originario di
Varese. Per certo essa appartenne all'inizio del 1600 alla famiglia Porro, ed in
epoca teresiana alla famiglia Videserti (legata al palazzo di via Bigli 10). Qui
sorge tuttora il cinquecentesco oratorio di San Giovanni Battista, riconoscibile
dal campaniletto a vela posto sulla sua sommità, il cui unico
reperto artistico rimasto, un volto di gentiluomo attribuito a Bernardino Luini
(o alla sua scuola) è attualmente custodito dalla famiglia Curti.
A fianco della porta-cancello del n. 40 di via Cottolengo si scorge un gaio muretto
di mattoni incrostato di bassorilievi, rosette, medaglioni, mascherine, putti,
pampini e mille altri decori in terracotta anche colorata.
Accedendo alla fornace dall'ingresso principale, sito al civico 8 di via Tobagi,
subito si viene cromaticamente colpiti dal pittoresco e fantasioso agglomerato
di case e casupole con scale e cortili, portici e loggiati, che ha l'apparenza
di un incantevole borgo medievale, intersecato da vicoli, stradine e piazzette
lastricate alla maniera antica. Sulle vecchie tegole dei tetti, tra un comignolo
e l'altro, si annidano non solo graziosi uccelli di terracotta, ma anche
volatili veri, come le ormai rare civette e i loro piccoli.
Ed è in questa ambientazione quasi surreale che i mastri vasai lavorano ai torni,
ai forni e ai colori. Sopra i laboratori vi sono alcuni atelier affidati a quegli
artisti che, servendosi delle attrezzature della fornace, producono opere in
terracotta o in ceramica.
Sostando nella prima corte è opportuno dare almeno uno sguardo al raffinato
giardino di esotiche piante contenute in fioriere ricercate (ed ivi prodotte).
Dirimpetto, sulla balaustra di un loggiato, troneggiano invece busti rosseggianti.
Si può poi passeggiare tra laboratori e magazzini dove sono affastellate
migliaia di manufatti di ogni genere: vasi, orci, salvadanai, comignoli, pigne,
colonnine, statue, fontane. Sui muri esterni degli edifici si può dire che non
ci sia un centimetro quadrato di superficie in cui manchi uno stemma, un fregio,
un mascherone o un qualsiasi altro elemento decorativo.
La Fornace Curti si trova nella zona sud-ovest della città, ed è raggiungibile con
l'autobus 95 (che transita da M2 Famagosta e M1 Bande Nere), più un breve tratto
a piedi.
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